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MARATONA DORDOGNE INTEGRALE
130 KM
(Argentat – Castelnaud de la Chapelle – 9 giugno 
2007)
Sono 
passate poche ore da quando abbiamo tagliato il traguardo della maratona dell’Ardeche, 
che alla festa per le premiazioni ci ritroviamo in mano un volantino 
interessante: maratona Dordogne Integrale… Facciamo due chiacchiere, tra una 
birra e l’altra, con i ragazzi che la organizzano. Ci spiegano di che si tratta. 
130 km da percorrere sulla Dordogna, tra le sei del mattino e le nove di sera 
del 9 giugno 2007. Ci brillano gli occhi, è ovvio.
E così, tra una pagaiata e l’altra, la mattina del 9 giugno, primi e unici 
italiani ad aver mai partecipato, alle 5.45 ci ritroviamo, Alice, Castore ed io 
ad Argentat, sulle sponde della Dordogne, a imbarcarci nella nebbia, alle prime 
luci del mattino, infreddoliti e assonnati. Per Alice e me un bel K2 olimpico, 
per Castore, la classica Prijon da discesa.
Gareggiamo per il Circolo Canottieri Sabaudia, ma, idealmente, portiamo anche i 
colori del Gruppo Canoe Roma e l’A.S. Batrakos.
Per ora non penso ai 130 km, ai migliaia di colpi di pagaia da dare, ma alle 
rapide e alle onde dei primi 30 km. Certo, si tratta sempre di roba semplice, ma 
siamo su un k2 e il livello è alto, la corrente veloce ed è la prima volta in 
olimpica su un fiume non del tutto placido.
Alla partenza una cinquantina di kayak, tra 
cui spiccano due temerari in C1 da discesa (!!!), un paio di K1 olimpici, un K4, 
due C9, un C6. Poi, ci sono vari K2 olimpici e parecchi K1 da discesa, qualche 
kayak da mare da competizione.
Allineati in prossimità del ponte medievale di Argentat, con un piccolo pubblico 
(sono le sei del mattino!) che ci saluta dal vecchio lungo fiume, si parte. Noi 
con calma, altri come se facessero lo sprint sui 1000 metri. Beati loro!
Arrivano subito le prime rapidelle, siamo stabili, acquistiamo fiducia, la 
sensazione dell’olimpica spinta dalla corrente è unica, si fila veloci, la 
cadenza aumenta, leggera. Poi arriva un passaggio ad S, io la S la allungo un 
po’ e per poco non finiamo nel vicino campo slalom, ma anche questa passa. Poi è 
il turno di un po’ di belle ondone in cui ci infiliamo con la determinazione che 
maschera il fatto che ce la stiamo facendo sotto. Un altro dislivello, un’altra 
onda, e questa volta penso, “macché davero davero?”. Passa liscia. Ci fermiamo 
un attimo al primo ristoro, felici. I primi 27 km in un’ora e 45. Ci dicono di 
star tranquilli, che ora il fiume è tutto liscio, ma ci raccomandano di stare 
ben a sinistra (ahiahiahi!). Ripartiamo, e subito, dopo una curva, un cartello 
di 2 per 2 con una gigantesca freccia rossa ci ricorda che dobbiamo stare ben a 
sinistra. Uno scivolo artificiale con la sua bella acqua bianca ribollente in 
fondo ci aspetta. D’altronde a destra c’è uno sbarramento artificiale 
impraticabile… Uff, passata.
Ora il fiume si allarga, la corrente a volte è quasi inesistente e bisogna 
iniziare a spingere per davvero. Siamo ottimisti, solo 100 km all’arrivo! D’ora 
in poi si pagaia tranquilli, non si pensa a quanto manca, si ragiona per tappe e 
obiettivi intermedi. Ingaggiamo inseguimenti e scattini con altri K2 che, di 
volta in volta, superiamo o ci superano, anche a causa del gioco dei brevissimi 
pit stop ai ristori.
Il paesaggio che ci circonda è incantevole, 
attraversiamo paesini medievali aggrappati alle rocce che si affacciano sul 
fiume, castelli sulle alture che ci circondano. Tra un paese e l’altro, nulla, 
solo boschi fin sulle sponde, tratti di pareti di roccia a picco sul fiume. 
Insomma, si fa anche un po’ di turismo. Le ore passano, all’ottantesimo la 
fatica inizia a farsi sentire sul serio, ma ormai è fatta. Proseguiamo 
tranquilli salvo un paio di lunghissimi scatti in occasione di momenti di 
delirio agonistico. Siamo a quella che crediamo la penultima tappa. Decidiamo di 
rallentare un po’ per recuperare e poi giocarcela al finale con l’altro K2 misto 
che ci sta di poco avanti. Uno sprint dopo 130 km sarebbe divertente. Passiamo 
un paio di anse, ci aspettiamo di dover pagaiare ancora per un’oretta buona, ma 
evidentemente la stanchezza ci ha del tutto storditi, perché quando sfiliamo 
davanti a quello che io credo l’ultimo punto di ristoro, dalla riva ci 
applaudono, ci chiamano, si sbracciano in cenni di saluto. Io rispondo cordiale 
e proseguo a pagaiare preparandomi per aumentare finalmente il ritmo, finché, 
dopo una decina di metri, sento Alice che da dietro mi fa, “ Mi sa che siamo 
arrivati…”. Eh sì era l’arrivo…
E’ fatta, in dieci ore e dieci minuti, poco prima delle 17, siamo 
quattordicesimi in classifica generale e secondi come K2 ad equipaggio misto. 
Che bello! In dodici ore e quarantasette arriva Castore sulla sua Prjion gialla.
Non resta che riprendersi, aspettare gli altri, che continueranno ad arrivare 
alla spicciolata fino alle nove di sera, e montare la tenda in riva al fiume. La 
serata prosegue con le premiazioni. Veniamo accolti da calorosi applausi e 
ringraziamenti per esserci stati. Poi la cena, prelibata, annaffiata da rossi 
della zona è la degna conclusione dell’avventura.
Qualche dettaglio pratico per chi fosse incuriosito dalla cosa: Si parte da Argentat e si arriva a Castelnaud la Chapelle, sud ovest della Francia. Da Roma, tutta in auto, sono 1300 km. L’organizzazione è stata impeccabile e tutti di una gentilezza rara. L’iscrizione di 50 euro comprende un campeggio all’imbarco, la cena la sera prima della gara, la colazione alle cinque di mattina, birra alla spina per tutti all’arrivo, il campeggio o un letto in delle camere comuni allo sbarco, la cena, la colazione del giorno dopo e la navetta per ritornare all’imbarco per il recupero auto e altro.
Menù: squisita e abbondante cena con vini e prodotti locali molto francesi, colazione con baguette e marmellate.
Prima pero c’è da pagaiare per 130 km!
Per informazioni è possibile contattare me (elledivu@yahoo.it) o direttamente gli organizzatori (contact@adndordogne.org).
Luca Di Vito