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"I BORGHI DELLE 
CINQUE TERRE E PORTO VENERE"
1 e 2 ottobre 2005
Austeri e compatti. Incastonati come gemme tra il cielo ed il mare. Ancorati 
sopra squarci di roccia come nidi di gabbiani. Temprati dalle asperità di una 
montagna irrompente e dalle intemperie di un mare invadente.
Casette di colore pastello, incrostate di salsedine, si ergono verso l’alto, 
sorreggendosi l’una con l’altra, alla ricerca dello spazio. Voci soffuse escono 
dalle finestre riempiendo di vita gli incantevoli vicoli e le graziose 
piazzette. Si confondono con il fragore delle onde di un mare che ora culla ora 
desta le risicate spiaggette ed i minuscoli scivoli di cemento arredati dalle 
barchette dei pescatori.
Un mondo magico e misterioso che si rivela a chi ha voglia di scoprirlo. Una 
natura, dal punto di vista ambientale e umano, quadrata, testarda, scorbutica 
che cela un animo schietto, ricco di humor apparentemente cinico e invece pieno 
di cuore.
Luoghi in cui la convivenza tra mare e montagna, dolcezza e asprezza, selvaggità 
ed eleganza imprimono  una unicità assoluta.
IL RADUNO
Il raduno che si è svolto sulla riviera ligure di Levante l’1 e 2 di Ottobre ha chiamato a pagaiare lungo queste coste Antonio, Duilio, Francy, Marzio e Stefano. Questa la cinquina del Gruppo Canoe Roma che si è unita al gruppo organizzatore di Canoa Verde capitanato da Luisa della Lega Ambiente.
L’appuntamento è a Monterosso al Mare alle 9,30 al campo Sportivo. Dopo le 
presentazioni e una breve consultazione ci imbarchiamo alle 10,00 dalla spiaggia 
di Fegina. Il tempo è bello. Un po’ ventoso (venti da sud-ovest). Il mare 
presenta moto ondoso. E’ previsto un peggioramento nel pomeriggio. Luisa 
premette che, date le previsioni, probabilmente saremo obbligati a cambiare i 
programmi ma si riserva di fare l’ultima considerazione a Capo di Montenero 
(poco dopo Riomaggiore). Fin lì infatti la costa ci copre dal libeccio.
Dalla spiaggia ciottolosa di Fegina arriviamo, in men che non si dica, alle 
casette di Vernazza appollaiate su una roccia a picco sul mare. Una minuscola 
spiaggetta ciottolosa chiude l’insenatura che raccoglie il piccolo porticciolo "Cantu 
de mosse" (l’angolo delle bugie). Anche se  la vista dal mare è entusiasmante 
rimane il desiderio di entrare in quello scorcio di vita per viverlo a piedi. Ma 
siamo creature mezze uomo e mezze canoa e il richiamo del mare prevale.
La costa scende a mare confusamente. Contenuta a stento da terrazzette e da 
muretti a secco accessibili tramite ripide cremagliere ed erti sentieri. Unico 
borgo a cui è concesso il respiro è Corniglia: distribuito su un piano senza 
irrompere nel mare. Costeggiamo la sua spiaggia, nota per i trascorsi 
anticonformisti e, mentre la compagnia chiacchierona di Marzio mi distrae, 
raggiungiamo Manarola su uno sperone di roccia che abbraccia il mare. La Via 
dell’Amore, scavata nella roccia a strapiombo sul mare, la congiunge al compatto 
e minuscolo borgo di Riomaggiore. Uno sguardo a ritroso sul promontorio del 
Mesco e per una mezz’ora ci spogliamo delle canoe e riprendiamo le sembianze di 
umani interi. Giusto il tempo di consumare un panino.
Siamo 
a circa metà percorso (sei miglia). Raccogliamo le ultime notizie sulle 
condizioni del mare. Ci sconsigliano di proseguire a meno che la nostra 
intenzione non sia quella di praticare canoa estrema. “Dopo il grigio il mare è 
impraticabile” ci dice l’omino a bordo della motovedetta del Parco delle Cinque 
Terre (dove per grigio si legga il colore tipico della roccia di Palmaria a 
strisce grigie e bianche).
Canoa Verde ha intenzione di rientrare. Gruppo Canoe Roma, che ha fatto tanta 
strada, non vuole arrendersi. Antonio, Duilio Marzio e Stefano sono decisi ad 
andare avanti. Francy manifesta i suoi dubbi. C’è tempo di pensarci mentre 
consumiamo il pasto.
E 
invece, contrariamente a quanto previsto, Eolo sgonfia le sue gote e Nettuno 
doma le sue onde. Il mare sta visibilmente calando. Arriveremo fino al Golfo dei 
Poeti a Porto Venere e, visto che il tempo mette al meglio, faremo anche il giro 
di Palmaria.
Due ragazzi della Canoa verde rientrano a Monterosso per recuperare la macchina 
dove hanno il materiale per trascorrere la notte. Li rincontreremo a Porto 
Venere.
La costa cambia sembianze. Dopo un primo tratto senza particolarità di rilievo 
sale a piombo sul mare e assume un colore tipico rossastro. Il moto ondoso di 
traverso si sta addolcendo. Ci accompagna alla scogliera che si fa nera nei 
pressi della chiesa di  S. Pietro  che svetta su tutto.
Da qui è un colpo d’occhio dopo l’altro.
L’ingresso alla baia di Porto Venere sembra surreale per quanto è bello. 
Introduce un corridoio di mare stretto circa 100 metri e lungo altrettanto. 
Chiuso tra la rupe della Chiesa e l’isola di Palmaria assume le sembianze di un 
canale naturale. Vi si accede appena svoltata punta S. Pietro. Luisa racconta 
che qui la gente si raccoglie per ammirare le onde alte e minacciose che si 
gonfiano quando soffia il Libeccio.
Una lingua di casette gialle rosa e rosse si apre, come carte da gioco tenute in 
una mano, sul Golfo dei Poeti (così chiamato per le note ispirazioni poetiche 
che lo hanno reso famoso). Sono le casette di Porto Venere sulle quali ora 
(15,30) si riflettono la luce solare e gli intensi colori del mare.
La giornata non potrebbe essere più bella. Il giro di Palmaria (circa tre 
kilometri) ci sta tutto.
Dolce e ricca di vegetazione nella parte a sud, inaspettatamente rocciosa e 
diruposa ad ovest, di nuovo verde con facili approdi a sud. Pagaiamo con il naso 
all’insù a riempirci gli occhi di simile bellezza e ci accompagnano gli strituli 
dei gabbiani che volano tra le striate rocce bianche e grigie. L’Isola è 
militarizzata corredata dai due scoglietti di Tino e Tinetto in uno dei quali è 
vietato lo sbarco. Completiamo il giro fino a sbarcare sulla protetta spiaggetta 
di Porto Venere a nord di Palamaria.
Chi non ha con sé il necessario per pernottare torna a prendere le macchine a Monterosso servendosi di pullman fino a La Spezia e da qui del trenino fino a Monterosso. Chi rimane si occupa della spesa per la cena. Qualche fortunato (come la sottoscritta) riesce anche a fare un giro turistico per la bella Porto Venere.
Il 
pernotto è previsto nella foresteria dell’isola. Così alle otto e trenta circa 
ci imbarchiamo di nuovo alla volta di Palmaria. Siamo carichi di cibo bevande e 
tutto l’occorrente per dormire. La traversata per fortuna è breve. Con le 
frontali accese, facciamo lo slalom tra i numerosi pali e le reti d’allevamento 
per le cozze. Affamati e stanchi portiamo in secca i kayak. Carichiamo gli zaini 
e ci accingiamo a compiere una mezz’oretta di trekking sottobosco per 
raggiungere la foresteria in cima all’isola. Tempo di fare una doccia e di 
organizzare la cucina e ci raggiungono anche Antonio e Stefano che rientrano da 
Monterosso.
La giornata è stata lunga ma piena di cose belle. Dire buonanotte e piombare in 
un sonno profondo quanto il mare è un attimo.
Il 
giorno dopo giornata uggiosa. Tira il previsto Libeccio. Mentre si decide di 
fare il giro dell’isola a piedi Francy e Duilio rientramo a Porto Venere per 
andare a recuperare la macchina a Monterosso (24 € di parcheggio: tanto per 
farvi capire quanto è prezioso lo spazio in quei posti!).
Il mare fuori dal canale è mosso. All’interno invece siamo riparati dal cono di 
Palmaria ma i colori e le sembianze del mare sono cambiati rispetto a ieri e 
tira una antipatica corrente. L’accesso ad ovest del canale è libero dalle 
numerose barche turistiche del giorno prima. Al loro posto entrano onde che si 
gonfiano e avanzano rapidamente contenute tra la costa di Palmaria e quella di 
Porto Venere. Lineari e perfette sembrano disegnate come quelle di un cartone 
animato.
Dopo il tragitto in pullman, in treno e in macchina (circa tre ore di mezzi) Francy e Duilio rientrano a Porto Venere per recuperare i kayak. Il resto della “ciurma” sta rientrando da Palmaria. Che tempismo! Il mare si è calmato, il vento ha girato a Ponente. Quasi a voler voltar pagina. Il resto sono saluti e abbracci per riguadagnare la strada di casa verso Genova e Roma.
Trascorriamo il viaggio del rientro inebriati dalla nuova esperienza. Orfani dei compagni con i quali abbiamo trascorso due belle giornate.
Un salutone a Luisa che ci ha condotto per quei posti incantevoli e a tutti i ragazzi della Canoa Verde.
Testo: Francy Gastaldi - Foto: Duilio Polidori
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